domenica 15 novembre 2009

I Pesci .... li conoscete abbastanza?

Impariamo a conoscerli meglio...



I pesci sono da sempre l’elemento d’attrazione principale dell’acquario, nonché lo scopo dell’esistenza stessa dell’acquariofilia.

Permettetemi di dire che anche un bellissimo plantacquario, in cui tutto è progettato per dare alle piante il ruolo di protagoniste assolute, appare incompleto se privo di pesci.

La scelta dei pesci da allevare non deve però essere casuale, bensì condotta con criterio e raziocinio.

Le schede messe a Vs. disposizione in questo mio umile blog sono quindi pensate e realizzate per darVi tutte le informazioni necessarie affinchè i Vostri pesci possano stare bene nei Vostri acquari, trovandovi un ambiente e una gestione correttamente impostate, in modo che possano vivervi a lungo, senza eccessivo stress, e che magari possano anche riprodurvisi.




Cenni sulla Morfologia dei pesci


I pesci sono animali che vivono nell'acqua, sono in grado di respirare l'Ossigeno disciolto in essa e si muovono non grazie a zampe bensì a pinne.

Il loro sviluppo ebbe inizio circa 500 milioni di anni fa, il lungo tempo trascorso ha così permesso la nascita di svariate specie (oltre 30 mila), diversificate tra loro in base alle differenti esigenze nutrizionali e di sopravvivenza dettate dalle rispettive condizioni di vita. Ogni specie ha in pratica "personalizzato" la propria evoluzione in base alle condizioni dell'ambiente acquatico a sua disposizione.

Fatta questa doverosa premessa vediamo ora più nel dettaglio cos'è un pesce, analizzandolo dal punto di vista morfologico, servendoci di alcuni pratici disegni.


Sezioni Principali

Spesso si usano dei termini per indicare delle sezioni ben precise del Pesce :

Immagine: Morfologia - Sezioni (figura 1)
by Andrea Perotti


Dorso
E' la parte superiore del Pesce che parte dalla testa e arriva al restringimento della coda (peduncolo caudale).
Dal Dorso parte la Pinna Dorsale e,se presente, la Pinna Adiposa (vedi Pinne)

Fianco
E' la parte laterale del Pesce.
Come per il Dorso parte dalla testa e arriva al peduncolo caudale.
In alcuni Pesci il Fianco è attraversato dalla Linea Laterale

Ventre
E' la parte inferiore del Pesce.
Come per il Dorso e i Fianchi parte dalla testa e arriva al peduncolo caudale.
Dal Ventre parte la Pinna Ventrale e, se presenti, le Pinne Pettorali, le Pinne Sensoriali Filiformi e la Pinna Anale.
Nel Ventre ci sono gli Organi Riproduttivi e la fine dell'Apparato Digestivo.


Le Pinne
Rappresentano gli organi di locomozione dei pesci. Alcune pinne sono presenti in numero dispari, altre in numero pari, alcune sono presenti solo in alcune specie ed assenti in altre. La struttura delle pinne è costituita da un’impalcatura solida, formata da raggi ossei che possono essere rigidi e pungenti, oppure molli.
Nel nuoto le pinne esplicano funzioni differenti: sintetizzando possiamo affermare che pinne pettorali e ventrali sostengono, stabilizzano e direzionano, dorsali e anale stabilizzano, la caudale (assieme al peduncolo caudale) fornisce la propulsione.


Vediamole più nel dettaglio.


Immagine: Morfologia - Pinne (figura 2)
by Andrea Perotti


Pinna dorsale: tutti i pesci ne sono provvisti, è in genere singola, tuttavia in una ridotta percentuale di specie è doppia, con le due pinne poste "in fila indiana" l'una dietro l'altra.



Pinna adiposa: è una piccola pinna singola carnosa, composta solo di adipe, e priva di raggi. La sua funzionalità non è stata ancora del tutto chiarita, ma pare serva a migliorare la stabilità del corpo nei movimenti orizzontali. E’ presente in molte specie ma assente in molte altre.



Pinna caudale: in genere è singola ed è presente in qualsiasi specie, spesso è l'elemento morfologico più differente tra maschio e femmina. La metà superiore viene denominata "lobo superiore", quella inferiore "lobo inferiore". In alcune specie il lobo inferiore può addirittura incorporare l'organo sessuale esterno (organo copulatore) del maschio.



Pinna anale: è singola e qualsiasi pesce ne è provvisto. Inizia subito dopo il retto e termina in genere in corrispondenza del peduncolo caudale.



Pinna pettorale: ogni pesce ne ha due, una per lato. Tra tutte le pinne sono quelle in genere più mobili in quanto azionate da "potenti" muscolature. Alcune specie (ad esempio molti Ciclidi) si servono infatti delle pettorali per ossigenare le uova in attesa della schiusa, agitandole vorticosamente a pochi millimetri dalle stesse.



Pinna ventrale: ogni pesce ne ha due, una per lato. Se molto arretrate diviene più idoneo chiamarle pinne “pelviche”. Spesso l'evoluzione le ha trasformate in preziosi organi sensoriali, prolungandole fino a divenire filiformi.



Pinna sensoriale filiforme: sono due, una per lato, rappresentano un'evoluzione delle pinne ventrali, quindi se presenti comportano in genere l'assenza di queste ultime (ma non sempre). Le pinne sensoriali filiformi sono molto utili per l'individuazione del cibo e, in condizioni di scarsa visibilità, per migliorare la percezione degli oggetti e delle distanze. In alcune specie inglobano addirittura le papille gustative e, quindi, vengono utilizzate dal pesce per assaggiare gli oggetti e valutarne la commestibilità. In alcune specie inglobano una esile ossatura di supporto.






Altri elementi morfologici ed alcuni organi ausiliari


Premessa


I pesci si dividono in “pesci ossei” e “pesci cartilaginei”, a seconda che abbiano uno scheletro costituito di tessuto osseo o cartilagineo. Alcuni elementi morfologici ed alcuni organi ausiliari sono presenti solo in una delle due categorie ed assenti nell’altra.




Immagine: Morfologia, figura 3
by Andrea Perotti



Linea laterale: solo i pesci ossei ne sono provvisti, è un organo di senso in genere molto dotato la cui funzione, come per l’”orecchio interno”, è quella di percepire le vibrazioni nell’acqua. E’ un organo eccezionale composto da un doppio canale innervato che corre lungo i fianchi, in grado di comunicare con l’esterno mediante pori cutanei dotati di cellule sensoriali (dette “neuromasti”), le quali percepiscono la direzione e l'intensità degli stimoli derivanti dalle vibrazioni dell'acqua.


Peduncolo caudale: è quel restringimento del corpo che precede la pinna caudale, si può presentare più o meno compresso, sia verticalmente che lateralmente, può avere inoltre nelle parti superiore ed inferiore delle scanalature dette “fossette precaudali”, la cui presenza è in genere indice di elevata idrodinamicità. La sua azione, unitamente al movimento della pinna caudale fornisce la propulsione al pesce.


Iride: ogni specie ha sviluppato la vista e la morfologia dei propri occhi in base alle esigenze legate al proprio habitat di vita, basti pensare a molte specie aggressive e carnivore che hanno l'iride coperta da una spessa membrana protettiva trasparente, una sorta di corazza, o ad altre specie che, vivendo sul fondale coricati su un lato, hanno i due occhi entrambi presenti sul lato "superiore".
In genere comunque i pesci hanno un occhio per lato. Essi sono indipendenti l'uno dall'altro, sia come messa a fuoco sia, spesso, anche come mobilità. Ciò permette ai pesci una visione quasi a 360°, quadrangolare, spesso non ad alta definizione, ma sufficiente ad individuare con efficacia l'avvicinarsi di eventuali predatori/prede.


Pelle: è il rivestimento esterno del corpo ed è costituita dall'associazione di due tessuti, di diversa origine embrionale, l’epidermide superficiale ed il derma sottostante. E’ in pratica la “cute” dei pesci ed è ricca di cellule che producenti muco e di scaglie. Le scaglie, erroneamente chiamate squame, hanno in genere forma tondeggiante e sono parzialmente sovrapposte tra loro, con il margine posteriore libero. Muco e squame hanno la funzione di proteggere il corpo da abrasioni e da rischi derivanti da agenti esterni, quali ad esempio batteri, funghi e parassiti vari. Inoltre il muco serve a lubrificare le branchie, gli opercoli e le scaglie, diminuendo gli attriti e facilitando il movimento. Nello strato più profondo dell’epidermide (sotto cute) sono presenti delle cellule contenenti pigmenti denominati “cromatofori”. Queste cellule hanno la capacità, in situazioni particolari (pericolo, stress, corteggiamento/riproduzione, difesa territoriale, confronti gerarchici, condizioni di scarsa visibilità, ecc…), di indurre cambiamenti di colore al pesce.
Va sottolineato che non tutti i pesci hanno le scaglie. Alcune specie infatti presentano in loro sostituzione delle placche molto dure, in genere di natura ossea, in grado di difenderli da attacchi da parte di predatori (da questa caratteristica nasce l’appellativo di "pesci corazzati"). Altre specie invece non hanno né scaglie né placche e presentano semplicemente pelle nuda ispessita.


Narici: ogni pesce ne è provvisto, in genere si tratta di due piccoli fori posti poco sopra al labbro superiore. La dimensione delle narici è di solito direttamente proporzionale al potenziale olfattivo del pesce. Si può infatti notare come le narici siano in genere più grandi e visibili nelle specie “bentoniche” (quelle che vivono in stretta relazione con il fondale) e più piccole nelle specie “pelagiche” (quelle che vivono in acque aperte, non strettamente legate ai fondali), ciò perché l’ambiente di vita delle specie bentoniche è solitamente più buio, la visibilità è assai inferiore o assente del tutto, e quindi l’evoluzione ha portato queste specie ad acuire l’olfatto, ed altri sensi, in modo da sopperire a tal problema. Nelle specie provviste di bocca a ventosa le narici svolgono solo la funzione olfattiva mentre in tutte le altre specie svolgono anche una funzione respiratoria.


Bocca: serve sia per respirare che per nutrirsi. Osservando la sua disposizione è possibile capire come il pesce si alimenta; si noti infatti come la bocca sia rivolta orizzontalmente in quelle specie che vivono e si nutrono a mezz'acqua (caso "A"), verso l'alto nelle specie che vivono e si alimentano in prossimità della superficie (caso "B"), verso il basso in quelle specie che vivono e si alimentano in prossimità del fondale (caso "C"). Vedere figura seguente.


Immagine: Bocca, figura 4
by Andrea Perotti




Si evince che i pesci con la bocca disposta orizzontalmente occuperanno preferenzialmente il livello centrale dell'acquario e si nutriranno disponendosi frontalmente nei confronti del cibo; i pesci con la bocca rivolta verso l'alto stazioneranno soprattutto in prossimità della superficie, occupando quindi in acquario il livello di nuoto superiore, e si nutriranno preferibilmente ci cibi che galleggiano, avvicinandosi ad essi con un movimento a salire; infine i pesci con la bocca rivolta verso il basso occuperanno i livelli di nuoto adiacenti il fondale e si nutriranno di alimenti depositati sul fondo, avvicinandosi ad essi con movimento a scendere o strisciante. Tra le specie di fondo aventi bocca rivolta verso il basso troviamo molte specie dotate di una particolare conformazione della labbra, da cui l’appellativo di specie con “bocca a ventosa”, in queste specie in pratica le labbra, unite e allargate dall’evoluzione, formano una sorta di disco a ventosa in grado di consentire l’ancoraggio a pietre e legni in situazione di forte corrente, questa particolarità è infatti riscontrabile in molte specie che popolano rapide e torrenti di montagna. Altre specie hanno invece sviluppato prolungamenti della bocca, simili a becchi o proboscidi, grazie ai quali riescono a procurarsi cibo frugando tra rocce ed anfratti, o anche tra la sabbia e la melma presenti sul fondale.


Branchie: il loro numero varia a seconda della specie ed hanno funzione respiratoria. In pratica l’acqua entra nella bocca del pesce e subito dopo fuoriesce dalle fessure branchiali, in quel momento sulle branchie, che sono fortemente vascolarizzate, hanno luogo degli scambi gassosi, grazie ai quali il pesce realizza l’assunzione di Ossigeno (O2) ed il rilascio di Biossido di Carbonio (CO2).


Restando in tema di respirazione va segnalato come molti pesci siano in grado di respirare anche con sistemi differenti, sfruttando meccanismi e/o organi ausiliari frutto di un’evoluzione dettata da particolari condizioni di vita presenti nell’habitat originario. Gli esponenti delle famiglie Loricariidae, Callichthyidae, Scoloplacidae, ed anche molti Cobitidi, riescono ad incamerare aria mediante una particolare vascolarizzazione di stomaco e/o intestino. I Lepistoseidi utilizzano invece la vescica natatoria come un polmone, ciò sempre grazie ad una particolare vascolarizzazione della vescica che permette loro di trasferire direttamente nel sangue parte dell’Ossigeno in essa incamerato. Altri pesci hanno addirittura sviluppato dei veri e propri organi respiratori ausiliari grazie ai quali possono respirare direttamente l’aria atmosferica estraendone l’Ossigeno. Il caso più stupefacente è quello osservabile nelle specie appartenenti alla famiglia Osphronemidae (tra i quali troviamo svariati pesci di largo impiego in ambito acquariofilo quali Betta sp., Trichogaster sp. e Colisa sp.), ove l’evoluzione ha permesso la comparsa di un organo respiratorio supplementare chiamato “labirinto”, grazie a tale organo questi pesci sono in grado di sopravvivere anche in acque stagnanti quasi completamente prive di Ossigeno (ad esempio nelle risaie). Organi simili al labirinto, in grado di svolgere la stessa funzione, sono presenti anche in molte specie appartenenti alle famiglie Channidae e Clariidae.



Organi Ausiliari Interni



Immagine: Organi Interni, figura 5
by Andrea Perotti



Vescica natatoria: solo i pesci ossei ne sono provvisti e rappresenta una sacca che il pesce riempie e svuota progressivamente di gas “contro gradiente”, tramite apposite valvole, al fine di migliorare il proprio equilibrio e la propria stabilità.


Apparato di Weber: è una parte anatomica dell’orecchio medio interno, e solo alcune specie ne sono provvisti. E’ in genere collegato alla vescica natatoria ed ha la funzione di ricevere e trasmettere suoni.


Cervello: è stato dimostrato scientificamente che nella maggiorparte dei pesci, soprattutto quelli di piccole dimensioni, è assente la parte del cervello normalmente preposta a creazione, memorizzazione e gestione dei sentimenti. Questa parte organica si chiama "corteccia superiore cerebrale" e per l’appunto la maggior parte dei pesci ne è priva. In pratica queste specie non sono in grado di provare sentimenti e agiscono utilizzando solo l' "ippotalamo", il quale è la parte più primordiale e semplice del cervello, la parte di esso cui spetta l'incarico di gestire gli istinti appunto più primordiali, ovvero sopravvivenza di sè stessi (procurarsi cibo e sfuggire a pericoli e predatori) e sopravvivenza della specie (riproduzione). I pesci privi di corteccia superiore cerebrale (ad esempio i Caracidi) pensano solo a nutrirsi e ad accoppiarsi, lo fanno istintivamente, quasi senza capirne il motivo, se si allontanano dal proprio branco ed incontrano un branco più numeroso non si fanno problemi ad aggregarsi al nuovo branco lasciando i precedenti compagni di vita, inoltre non hanno alcuna cura parentale verso la propria prole, che solitamente abbandonano da subito al proprio destino e non esitano a divorare se ne hanno la possibilità. Le specie provviste di corteccia superiore cerebrale (ad esempio i Ciclidi) mostrano invece comportamenti ben diversi, molto più evoluti, dimostrando una intelligenza decisamente superiore. Sono ad esempio attenti genitori, seguendo e proteggendo di fatto la propria prole, arrivando anche in alcuni casi a nutrirla, ...inoltre in molte specie i maschi si mostrano monogami, scegliendo una compagna e restandole fedele a lungo, anche per l'intera vita.



Cenni sulla Biologia dei pesci


Riproduzione

In base al sistema di fecondazione adottato i pesci si possono suddividere nelle seguenti tre categorie:

- pesci ovipari
- pesci ovovipari
- pesci vivipari


Specie ovipara: la femmina produce e partorisce uova le quali successivamente vengono dal maschio fecondate, i piccoli quindi si sviluppano al di fuori del ventre materno, nutrendosi nella fase iniziale dei nutrienti contenuti nell'uovo.

Specie ovovipara: la femmina produce e trattiene in ventre le uova, successivamente il maschio si accoppia con la femmina ed introduce il proprio liquido seminale all'interno del suo ventre fecondando di fatto le uova, i piccoli si sviluppano quindi all'interno del ventre materno ma sempre all'interno delle rispettive uova, le quali danno loro i necessari nutrienti. Solo una volta schiuse le uova e terminato il riassorbimento del sacco vitellino la madre espelle i piccoli i quali, in genere, sono già da subito autosufficienti.

Specie vivipara: la femmina non produce uova ma ovuli che, una volta fecondati dal seme maschile a seguito di rapporto sessuale, danno vita ad uno sviluppo embrionale che si compie nell'utero o nell'ovidotto della madre. Nella vita uterina la sopravvivenza dei piccoli è garantita dalla presenza del sangue materno dal quale assorbono direttamente i necessari nutrienti.



Da questa suddivisione si evince una cosa molto importante, ovvero che nelle specie ovipare non si ha di fatto un vero rapporto sessuale, cosa che invece avviene nelle specie ovovipare e vivipare. Ciò giustifica la differente conformazione degli organi sessuali esterni al variare della categoria d'appartenenza. Nelle specie ovovipare e vivipare il maschio è in genere facilmente individuabile in quanto dotato di organo copulatore riproduttivo, solitamente ben visibile, detto "gonopodio", ottenuto quasi sempre dalla trasformazione della pinna anale o per lo meno di alcuni suoi raggi (più raramente dalla trasformazione del lobo inferiore della pinna caudale), mentre la femmina presenta un organo sessuale morfologicamente predisposto ad accogliere il gonopodio del maschio. Nelle specie ovipare invece sono presenti solo delle papille genitali, poste subito prima dell'inizio della pinna anale, e solitamente più visibili durante le fasi riproduttive in quanto estroflesse, dalla loro forma è possibile in genere determinare il sesso dell'esemplare, per quasi tutte le specie infatti la papilla genitale della femmina è cilindrica con l'estremità tondeggiante, mentre quella del maschio è conica con estremità a punta.


Nella foto seguente una coppia di Xiphophorus maculatus, specie ovovipara.


Immagine: Gonopodio, figura 6
by Andrea Perotti




Termoregolazione


Sulla base della capacità di termoregolazione corporea i pesci possono essere divisi in due categorie:

- Pesci ectotermici
- Pesci omeotermici


Pesci ectotermici: non sono in grado di autoregolare la propria temperatura corporea, la quale quindi tende ad eguagliare quella dell'acqua circostante.

Pesci omeotermici: riescono a regolare e a mantenere costante la propria temperatura corporea, la quale è quindi indipendente da quella dell'acqua circostante.


Va sottolineato che tra gli ectotermici compaiono praticamente tutte le più note specie d'acquario dolce e salmastro ed anche gran parte delle specie d'acquario marino, mentre tra gli omeotermici troviamo più che altro pesci marini di grandi dimensioni, come ad esempio Tonni, Squali, Pesci Spada e Marlin.



Ciclo vitale

Per la maggior parte delle specie di pesci d'acquario non si hanno dati certi in merito alla durata del rispettivo ciclo vitale. I dati a disposizione sono molto indicativi.

I motivi sono molteplici:

- Praticamente tutti i pesci impiegati in ambito acquariofilo sono ectotermici e, come già in precedenza spiegato, non sono quindi in grado di regolare la propria temperatura corporea la quale eguaglierà quella dell'acqua circostante. La temperatura di vita determinerà quindi la velocità del loro metabolismo e della loro crescita, nonchè quindi la durata del rispettivo ciclo vitale. Un esperimento ha dimostrato come, ad esempio, degli esemplari di Poecilia reticulata (il famoso Guppy) tenuti a 22°C siano vissuti il doppio rispetto ad altri esemplari della stessa specie tenuti a 28 °C.

- Molto importanti ed influenti risultano inoltre le condizioni in cui i pesci vengono allevati dal proprietario, nonchè la dieta offerta.

- Molti acquariofili non contribuiscono a fornire dati utili sulla vita dei pesci, in quanto spesso sono molto incostanti e tendono a cambiare specie allevata con una certa frequenza, un po' per noia, un po' per desiderio di cimentarsi in nuove "sfide".


In linea di massima possiamo affermare che maggiori sono le dimensioni massime raggiungibili da una specie, più ampio sarà il rispettivo ciclo vitale.

Per maggiori informazioni si rimanda alle rispettive schede.



Sonno

Premesso che i pesci sono privi di vere palpebre e che, conseguentemente, non è facile capire a prima vista se un pesce stia o meno dormendo, è importante sapere che il sonno dei pesci è una realtà e che può essere di due differenti tipologie:

- riposo vigile
- sonno vero e proprio


Riposo vigile: corrisponde in pratica ad uno stato di “veglia” con la quale viene fatto riposare solo il cervello, mentre tutti i sensi permangono attivi e vigili.

Sonno vero e proprio: un vero sonno, cioè una completa sospensione delle principali attività.


In molte specie anche uno stato di sonno profondo è difficile da riconoscere da parte nostra, in altre invece è piuttosto facile. Due esempi agli estremi opposti possono essere rappresentati da Squali e Chromobotie ... i primi continuano a nuotare automaticamente (in circolo) anche mentre dormono per permettere il passaggio d’acqua nelle branchie necessario alla respirazione, i secondi si dispongono sul fondale coricati su un fianco, completamente immobili, al punto tale che spesso molti acquariofili si allarmano pensando che siano morti.


Per sfruttare la vulnerabilità dei pesci in stato di profondo sonno molte specie carnivore predatrici sono solite riposare di giorno per poi attivarsi nelle ore notturne, così da poter più facilmente riuscire a predare gli altri pesci sfruttando appunto il fatto che essi dormono.




Cenni sulla Etologia dei pesci



Alimentazione


I pesci hanno adattato le proprie esigenze alimentari ed i propri gusti in base alle condizioni di vita dettate dal rispettivo habitat di sviluppo.

Su tale base possiamo suddividere i pesci in:

- erbivori
- carnivori
- saprofagi
- onnivori


Specie erbivora: in natura si nutre di cibi vegetali e/o di origine vegetale ... alghe, foglie, verdura, frutti, radici. In cattività alcune specie erbivore si abituano anche ad altre tipologie di alimenti, ma ciò non toglie che per esse la componente vegetale dovrà comunque restare predominante all'interno della dieta offerta.

Specie carnivora: in natura si nutre di prede vive, le cui dimensioni saranno relazionate alle misure della bocca di ogni singola specie. A seconda quindi della specie la dieta vedrà un'alternanza di insetti, vermi, piccoli crostacei, chiocciole, avannotti, pesci, ecc... In cattività molte specie carnivore si abituano ai cibi commerciali e al surgelato/liofilizzato, in altri casi invece ciò non avviene e occorre continuare ad alimentarli esattamente come avviene in natura.

Specie saprofaga: in natura si nutre di materia organica animale e/o vegetale in avanzato stato di decomposizione. In ambito acquariofilo è consuetudine etichettare questi pesci con l'appellativo di "spazzini" o "detrivori", termini spesso purtroppo associati anche a specie che invece non lo sono affatto.

Specie onnivora: in natura è sua consuetudine nutrirsi sia di alimenti di origine animale che di alimenti di origine vegetale. Il suo apparato digerente gli permette infatti di assimilare efficacemente i nutrienti necessari da entrambe le macro tipologie di alimenti. Le specie onnivore, potendo contare in natura su di una dieta più ampia e completa, sono soliti mostrare una maggior robustezza e una miglior adattabilità alle variazioni climatiche. In cattività per le specie onnivore permane l'esigenza di una dieta varia e completa onde prevenire l'insorgere di carenze nutrizionali.



Le specie che popolano i mari e le nicchie ecologiche ad acqua salmastra, oltre ad alimentarsi, hanno necessità di bere.

I pesci d'acqua salata vivono infatti in una soluzione avente una concentrazione maggiore rispetto a quella registrabile nell'acqua presente nei propri tessuti corporei, ciò genera un fenomeno, noto come osmosi, a causa del quale il pesce continua lentamente a perdere liquidi, sia dal derma che soprattutto dalle branchie, da cui l'esigenza continua di bere per rimpiazzare i liquidi persi. L'acqua incamerata viene per lo più trattenuta a scopo di reintegro e il pesce tende a produrre pochissima urina, solo quella necessaria ad espellere il sale, scomposto dall'acqua grazie al lavoro dei reni.

I pesci d'acqua dolce, invece, vivono in una soluzione avente concentrazione minore rispetto a quella registrabile nei propri liquidi corporei, in questo caso quindi il processo osmotico si inverte ed il pesce continua lentamente ad incamerare acqua, la quale penetra nei suoi tessuti attraverso il derma. Conseguentemente i pesci d'acqua dolce sono costretti ad espellere grandi quantità di urina, allo scopo di eliminare i liquidi in eccesso, e non hanno assolutamente bisogno di bere.




Interazione intraspecifica


L’analisi dell’interazione sociale intraspecifica delle diverse specie permette la loro suddivisione in tre macrocategorie:

- specie solitaria
- specie da coppia
- specie da branco



Specie solitaria: si tratta di specie i cui esemplari, raggiunta la maturità sessuale, abbandonano i propri simili iniziando di fatto a condurre vita a sé, salvo unirsi con un esemplare del sesso opposto per il solo tempo necessario all’accoppiamento, dopo di che tornano alla loro vita solitaria, senza alcun interessamento per la prole.

I pesci appartenenti a questa categoria vanno sempre inseriti in acquario in singolo esemplare, in quanto intolleranti ed estremamente territoriali verso i conspecifici, soprattutto in età adulta.


Specie da coppia: si tratta di specie i cui esemplari, raggiunta la maturità sessuale, tendono a formare coppie, più o meno stabili. La coppia, una volta formatasi, inizia progressivamente a fare vita a sé, staccandosi sempre più spesso dal branco adolescenziale di provenienza, fino al punto di abbandonarlo definitivamente. Alcune (pochissime) di queste specie sono realmente monogame e la coppia, una volta formata, resta inscindibile e fedele per tutta la vita. In altre specie invece i maschi tendono a formare piccoli harem all’interno dei quali dominano su un gruppo di femmine con le quali si accoppia a turno. In genere in tali casi il maschio non tollera la presenza di altri maschi, tuttavia in alcune specie meno aggressive può formarsi un piccolo gruppetto con presenza di più di un maschio, ciò è possibile perché tra i maschi si instaura una ben definita gerarchia con un solo maschio dominante, in genere nettamente riconoscibile per la posizione eretta/estesa delle pinne e per la colorazione più intensa.

L’inserimento e la gestione in acquario di queste specie è assai affascinante quanto pericoloso se non si prendono le dovute precauzioni. Nella maggior parte dei casi non si può pensare di introdurre un maschio ed una femmina e pretendere che essi formino una coppia, in tali casi spesso si va incontro a cocenti delusioni con rischio di comparsa di aggressività (anche estrema) tra i due esemplari; da escludere quindi una forzatura. Per evitare sorprese le strade da seguire sono quindi due: o si introduce già una coppia formata oppure si inserisce in vasca un gruppetto di giovani esemplari (in genere sette / otto esemplari sono sufficienti), attendendo che si formi spontaneamente all’interno del gruppo una coppia, procedendo poi alla rimozione degli esemplari “di troppo” e proseguendo nell’allevamento della sola coppia.

Per le specie i cui maschi amano governare su harem di femmine è bene rispettare questa loro indole ed introdurre almeno due o tre femmine per maschio. Facendo ciò la sua tendenza ad aggredire la compagna verrà smorzata e le femmine patiranno meno stress.


Specie da branco: si tratta di specie i cui esemplari tendono a vivere in gruppo, assieme ai propri simili, formando vere comunità più o meno numerose e più o meno stabili.

Va precisato che gli esemplari di molte specie indicate come “da branco” sono in realtà soliti vivere anche autonomamente, essi tendono a riunirsi con i conspecifici soprattutto in situazioni particolari che stimolano la formazione di aggregazioni temporanee, ad esempio in situazioni di pericolo, durante la fase riproduttiva (in particolare in molte specie ovipare), in presenza di cibo, ecc… Osservando questi pesci durante i momenti di aggregazione si può facilmente notare come essi non siano vincolati gli uni agli altri, bensì tendano a nuotare ognuno per conto suo, seppur in vicinanza dei “compagni”. La velocità di nuoto cambia da esemplare ad esemplare ed anche la distanza tra i singoli è tutt’altro che costante. A mio modesto parere non si tratta quindi di veri branchi ma, giustamente, solo di aggregazioni temporanee legate a stimoli esterni.
Ben diverso è il comportamento osservabile nelle “vere” specie da branco, in cui ogni pesce è in grado di mantenere una distanza costante dagli altri pesci del branco e i cambiamenti di velocità e direzione di nuoto avvengono in modo simultaneo e sincronizzato. Ciò è reso possibile da un incredibile lavoro congiunto di vista e linea laterale. Gli esemplari di queste specie (quasi esclusivamente marine) trovano forza e sicurezza solo all’interno del branco e, se malauguratamente si perdono e restano da soli, solitamente si lasciano morire causa stress e stallo alimentare.

In acquario le specie indicate come “da branco” vanno inserite in numero di esemplari adeguato, il quale può variare anche notevolmente da specie a specie (si rimanda alle specifiche schede).




Biocenosi in acquario


Il termine “biocenosi” deriva dalla fusione di due termini della lingua greca (bios = vita e koinosis = comune) ed indica la comunità di specie che vive in un determinato ambiente/biotopo, cioè in una nicchia ecologica in cui si hanno condizioni fisico/chimiche costanti. In altre parole la biocenosi rappresenta un insieme di differenti specie, le quali convivono in uno stesso ambiente grazie ad una serie di interrelazioni ed interdipendenze che le ha portate ad uno stato di equilibrio.

In acquariofilia occuparsi di biocenosi significa studiare le compatibilità tra le varie specie, sia che si tratti di fauna che di flora, al fine di inserire in acquario delle varietà di specie che possano riuscire a vivere/convivere in armonia trovando una condizione di relativo equilibrio biologico/alimentare. Il tutto relazionato all’esigenza di comuni condizioni fisico/chimiche dell’ambiente di vita.

Un’approccio all’acquariofilia condotto in tal senso ci eviterà quindi brutte sorprese permettendoci di godere appieno del nostro hobby.

Ma vediamo quali sono i principali elementi da tenere in considerazione per tale analisi, che ci consentano di scegliere specie adatte e compatibili con l’ambiente di vita rappresentato dal nostro acquario. Gli elementi da tenere in considerazione possono venire riassunti in:


- Livello di nuoto
- Mobilità
- Dimensioni massime
- Interazione sociale
- Esigenze chimico/fisiche
- Esigenze idrodinamiche
- Esigenze alimentari
- Tecniche riproduttive


Livello di nuoto: è preferibile evitare di abbinare due specie occupanti il medesimo livello di nuoto, in quanto esse si troveranno in continua competizione sia per lo spazio di nuoto sia per le modalità di assunzione degli alimenti.

Mobilità: occorre ricordarsi che specie molto calme e statiche mal sopporteranno la convivenza con specie molto vivaci e sempre in frenetico movimento. Inoltre le specie molto vivaci necessitano di adeguato spazio libero per il nuoto e non è quindi consigliabile il loro allevamento in spazi troppo angusti.

Dimensioni massime: occorre informarsi sempre sulle dimensioni massime raggiungibili dalla specie cui si è interessati e confrontarla con la spazio che il nostro acquario può mettere a loro disposizione. Gli esemplari esposti dai negozianti sono sempre esemplari giovani le cui dimensioni possono trarre in inganno. Se trattasi di specie carnivore, o anche onnivore, è bene evitare l'abbinamento tra specie aventi dimensioni troppo differenti in quanto potrebbero avvenire delle predazioni inaspettate.

Interazione sociale: vanno tenute in considerazione le abitudini sociali sia intraspecifiche che eterospecifiche. Pesci di branco in numero adeguato, pesci solitari in singolo esemplare, pesci timidi non abbinati a pesci aggressivi, etc...

Esigenze chimico/fisiche: ogni specie si è sviluppata in un dato biotopo ed è fortemente consigliato ospitarla in un acquario che offra condizioni chimico/fisiche il più possibile accostabili a quelle del biotopo d'origine. Tale condizione è tassativa in specie i cui esemplari sono di cattura, in quanto essi provengono direttamente dai luoghi di ritrovamento naturali, biotopi con condizioni molto stabili, saranno quindi più delicati e poco propensi a tollerare improvvise variazioni di habitat. Preferibile inserirli in acquari ben maturi e rodati, all'interno dei quali si abbiano condizioni ecosistemiche stabili (per quanto possibile in acquario). La maggior parte delle specie commercializzate ed immesse nel circuito acquariofilo provengono tuttavia da allevamenti e sono in genere molto più tolleranti nei confronti di ampi range di valori chimici, ciò però non ci esenta dal dovere di offrir loro un habitat consono e stabile, cercando se possibile di imitare le condizioni dei biotopi d'origine, ciò sarà gradito ai pesci e, spesso, ciò si rivela poi determinante per l'ottenimento della loro riproduzione.

Esigenze idrodinamiche: acquari con filtraggi sovradimensionati e notevole movimentazione dell'acqua mal vengono tollerati da specie amanti di acque calme e relativamente stagnanti. Al contrario specie sviluppatesi in biotopi caratterizzati da notevole corrente non si troveranno a proprio agio in acquari con acqua poco mossa. In questo discorso rientrano anche le esigenze chimico/fisiche in quanto acque molto mosse avranno tendenza a mostrare valori di un certo tipo, diametralmente opposti a quelli registrabili in biotopi con acque relativamente calme. Basti pensare alla concentrazione dell'Ossigeno che sarà molto più alta in acque ben mosse e decisamente più bassa in acque calme e stagnanti. Si evince che specie sviluppatesi in biotopi con acqua molto mossa ed ossigenata avranno difficoltà a vivere in condizioni di acqua poco mossa, e viceversa.

Esigenze alimentari: è preferibile non abbinare specie aventi le stesse abitudini/preferenze alimentari in quanto, inevitabilmente, esse si vedrebbero costrette a competere e ciò sarebbe fonte di stress. Anche differenti livelli di voracità risultano incompatibili, ciò perchè se talune specie sono assai rapide e voraci nell'alimentarsi altre risultano invece più lente e timide, è quindi evidente che un tale abbinamento porterebbe la specie più lenta e timida ad un rapido e problematico stato di denutrizione. Molte specie sono poi davvero esigenti in termini di alimentazione, occorre quindi essere consapevoli di ciò che comporta ad esempio decidere di allevare pesci particolari come i Discus (Symphysodon discus). Portando un altro esempio molte specie alghivore sono talmente "alghedipendenti" da non accettare facilmente i mangimi commerciali ed è quindi indispensabile offrir loro un acquario ove le alghe siano sempre presenti in abbondanza (un esempio è Peckoltia pulchra), e ciò logicamente potrebbe non sposarsi con le nostre esigenze estetiche in termini acquariofili...

Tecniche riproduttive: quello riproduttivo è un istinto ben radicato in molte specie, in talune davvero irrefrenabile, anche in cattività quindi certi pesci non mancheranno di seguire tale istinto tentando di riprodursi. Logicamente il fatto che siano presenti le condizioni ed i presupposti ideali giova alla causa. Occorre anche in tal caso tenere quindi conto delle particolari esigenze delle varie specie. Se ad esempio vogliamo tentare di riprodurre una specie appartenente alla Famiglia Osphronemidae occorre limitare il più possibile il movimento dell'acqua in superficie in quanto questi pesci amano costruire nidi galleggianti di bolle e detriti ove riporre le uova; alcuni pesci appartenenti alla famiglia Callichthyidae, come anche vari Ciclidi nani, amano invece scavare buche nel fondale per riporvi le uova, logico quindi che la presenza di un fondo morbido e sabbioso li favorirà, mentre un fondo roccioso o di granulometria eccessiva contribuirà ad innervosirli. E così via via per un po' tutte le specie.

In vasche comunitarie è molto più complicato portare a termine con successo la riproduzione dei pesci, siano essi ovipari o ovovipari, in quanto sia le uova che gli avannotti risultano deliziosi bocconcini per la maggior parte delle specie carnivore e onnivore. Esistono tuttavia anche casi in cui la riproduzione di una specie risulta possibile solo in presenza di un’altra determinata specie che viene utilizzata come supporto di deposizione o addirittura di incubazione.

A volte invece si ricorre ad abbinamenti appositamente studiati per tenere sotto controllo il numero di esemplari di specie eccessivamente proliferanti, oppure per procurare costantemente piccole prede vive a specie carnivore. Anche questa è biocenosi.






Autore: Andrea Perotti

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